"Cvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kasta
vasu ti baro nebo
avi ker
kon ovla so mutavia
kon ovla
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti...
...Poserò la testa sulla tua spalla
e farò un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa
chi sarà a raccontare,
chi sarà?
sarà chi rimane,
io seguirò questo migrare
seguirò
questa corrente d'ali."
(F. De André, KHORAKHANÈ, "a forza di essere vento")
Sfacciate, eccentriche, dalla ruvida bellezza: sono le nomadi del popolo ghawazee, che dall'India mosse in due grandi migrazioni: una verso l'Egitto, il nord Africa giungendo in Europa attraverso la Spagna e l'altra invece in direzione dei Balcani toccando il cuore dell'Europa, passando dalla Turchia.
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Nonostante il fascino che possa suscitare una figura così misteriosa e inafferabile, il passato del popolo ghawazee è intriso di molte difficoltà e terribili situazioni volte a emarginare le zingare del deserto dalla società. A dispetto della segregazione della donna-danzatrice all'interno degli harem e dei sontuosi palazzi di ricchi signori, le belle nomadi continuarono a ostentare la propria arte per le strade, sotto gli occhi di tutti, in particolare quelli maschili delle truppe napoleoniche presenti al Cairo, con cui familiarizzarono, creando non pochi problemi tra i soldati. Questo contribuì a renderle indecenti e scomode agli occhi dei cittadini e delle autorità, alimentando la loro pessima reputazione.
L'aberrante uccisione di quattrocento ghawazee, i cui corpi decapitati vennero gettati nel Nilo, fu legittimata dalla gendarmérie napoleonica come metodo per pacificare i dissidi tra le truppe, ma in realtà era il metodo ritenuto più efficace per cacciare le ghawazee dalla città, emarginandole. L'allontanamento definitivo poi dalle aree metropolitane avvenne per volere del reggente egiziano Muhammed Alì, che nel 1834 stabilì un severo allontanamento del ceppo nomade dai centri urbani del sud.
I luoghi comuni, com'è noto, vanno per la maggiore fin da sempre, e le danzatrici-zingare vennero inevitabilmente etichettate come donne di malaffare, prostitute, alle quali era interdetto l'ingresso negli harem. Fu comunque permesso loro di esibirsi durante diversi eventi pubblici, purché sempre all'aperto. Infatti, ospitare una ghaziya nella propria abitazione era ritenuto oltremodo indecoroso.
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Da tipica popolazione nomade, le ghawazee sostavano ai margini della città, spostandosi di continuo verso i confini dei grandi centri, eseguendo i loro improvvisati spettacoli di starda con danze vistose insieme a figure maschili che le accompagnavano con fragorose musiche.
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Video: esempio di danza delle ghawazee
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