giovedì 21 aprile 2011

Iskandariya, la danza alessandrina

Quel pesante panno nero che copre, si scosta e poi di nuovo avvolge. Una musica allegra e gioviale che fa da cornice a gesti ammiccanti e civettuoli. I movimenti energici riempiono lo spazio con una fragranza di fresca ilarità. La danzatrice gioca con il manto che la ricopre, attira a sé l'attenzione degli sguardi maschili e fa la preziosa, riproponendo le medesime movenze della danza da cui è nata. E' il Raqs Melaya (comunemente detta anche Iskandariya), danzata dalle donne alessandrine, ritenute tra le più belle della fervente città d'Egitto.

La melaya è il mantello nero con cui le donne avvolgevano corpo e viso, tratto distintivo di questa frizzante danza popolare, che le donne sventolavano camminando per le vie della città e del porto, creando intorno a loro un'intensa aura di curiosità e d'interesse tra gli sguardi maschili. La danzatrice infatti, con il corpo avvolto nella melaya, iniziava il suo ballo dapprima coperta e, giocando continuamente con il mantello a suon di musica, cominciava a mostrare il volto, scoprire e ricoprire il corpo, a legare la melaya sui fianchi evidenziandone i movimenti vistosi, per poi avviluppare nuovamente la propria figura nel manto. L'attenzione degli uomini veniva ben presto attirata dal fascino delle danzatrici: la tradizione vuole che questo stile nasca proprio come una sorta di corteggiamento tra l'uomo che tenta di conquistare la donna, e lei, che tra un sorriso semi coperto e un accenno di spalla, si fa continuamente desiderare.

L'abito utilizzato per l'Iskandariya è più o meno simile ai costumi del passato: si compone della gallabiya (o gallabeya) ossia il lungo abito tradizionale, del mandil, fazzoletto che ricopre la testa e, appunto, la melaya. Tuttavia, oggi troviamo la melaya abbellita da coloratissime paillettes e lustrini che ravvivano il colore scuro del manto, benché radicalmente differenti dai manti tradizionali.

Nonostante il passare del tempo e delle abitudini, il fascino di questa danza folkloristica non è andata persa. Esuberante, mai volgare, la ritroviamo ancora oggi in moltissime esibizioni e continua ad attrarre a sé sorrisi e sguardi curiosi.

(A destra: coreografia di Raqs Melaya della maestra Parvani)

sabato 9 aprile 2011

Immortal desires, lo spettacolo teatrale di danza orientale



"La Danza Mediorientale assume una nuova forma, in questo spettacolo che racconta la passione e la gelosia di un amore che trascende il tempo..." dice Jillina sul suo progetto Belly Dance Evolution, uno spettacolo danzato che si terrà nei teatri di Roma, Torino e Milano.

"Immortal desires", questo il nome dello spettacolo, si presenta con le musiche originali di Paul Dinletir della Hipalicious Music e dalla penna di Brandi Centeno, una performance teatrale in cui le danzatrici interpreteranno personaggi quali Medusa, Thor, Apollo, Afrodite, Pandora, Persefone in una storia appassionante che riunisce grandi artisti del mondo della musica, del teatro e della danza orientale.

Il progetto di Jillina inoltre, prevede un concorso on-line, che selezionerà fino a 12 ballerini locali che avranno l'opportunità di far parte di questo spettacolo originale.

Quindi, prendete carta e penna e segnate:

19 Maggio - Milano - Teatro Carcano - ore 21:00 info@samsaraclub.it

20 Maggio - Torino - Teatro Nuovo - ore 21:00 nuovotnt@tin.it

24 e 25 Maggio - Roma - Teatro Italia - ore 21:00 italia.teatro@libero.it

I biglietti possono essere prenotati ed acquistati tramite email al teatro. Per tutte le info e aggiornamenti: www.taus.it

martedì 5 aprile 2011

Ghaziya, la danzatrice nomade

"Cvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kasta
vasu ti baro nebo
avi ker
kon ovla so mutavia
kon ovla
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti...


...Poserò la testa sulla tua spalla
e farò un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa
chi sarà a raccontare,
chi sarà?
sarà chi rimane,
io seguirò questo migrare
seguirò
questa corrente d'ali."

(F. De André, KHORAKHANÈ, "a forza di essere vento")

Sfacciate, eccentriche, dalla ruvida bellezza: sono le nomadi del popolo ghawazee, che dall'India mosse in due grandi migrazioni: una verso l'Egitto, il nord Africa giungendo in Europa attraverso la Spagna e l'altra invece in direzione dei Balcani toccando il cuore dell'Europa, passando dalla Turchia.

A differenza delle raffinate almee (sing. awalim) degli harem, che coprivano il volto con il velo e fuggivano gli sguardi maschili, le ghawazee (sing. ghaziya, "zingara") si esibivano per le starde durante feste popolari, matrimoni e ricorrenze religiose. Le loro danze si distinguevano, oltre che per il viso ostinatamente scoperto, per i movimenti molto ampi, marcati, accompaganti da un'incisiva sonorità e da un abbigliamento estremamente vistoso. La ghazya infatti amava decorarsi con numerosi bracciali, orecchini, pendenti e collane, cerchietti al naso, anelli alle mani e ai piedi, campanellini alle caviglie e fusciacche intorno alla vita, preannunciando così il suo arrivo con un inconfondibile tintinnio. Il magnetismo dello sguardo veniva esaltato da un vistoso trucco, con l'hennée erano solite tingere i capelli e ornavano le mani con particolari disegni. Il ballo poi non era l'unica attività delle ghawazee. Esse infatti eseguivano tatuaggi, circoncisioni sugli infanti ed erano rinomate come indovine, attraverso pratiche di preveggenza quali chiromanzia, cartomanzia e lettura dei fondi del caffè.

Nonostante il fascino che possa suscitare una figura così misteriosa e inafferabile, il passato del popolo ghawazee è intriso di molte difficoltà e terribili situazioni volte a emarginare le zingare del deserto dalla società. A dispetto della segregazione della donna-danzatrice all'interno degli harem e dei sontuosi palazzi di ricchi signori, le belle nomadi continuarono a ostentare la propria arte per le strade, sotto gli occhi di tutti, in particolare quelli maschili delle truppe napoleoniche presenti al Cairo, con cui familiarizzarono, creando non pochi problemi tra i soldati. Questo contribuì a renderle indecenti e scomode agli occhi dei cittadini e delle autorità, alimentando la loro pessima reputazione.

L'aberrante uccisione di quattrocento ghawazee, i cui corpi decapitati vennero gettati nel Nilo, fu legittimata dalla gendarmérie napoleonica come metodo per pacificare i dissidi tra le truppe, ma in realtà era il metodo ritenuto più efficace per cacciare le ghawazee dalla città, emarginandole. L'allontanamento definitivo poi dalle aree metropolitane avvenne per volere del reggente egiziano Muhammed Alì, che nel 1834 stabilì un severo allontanamento del ceppo nomade dai centri urbani del sud.

I luoghi comuni, com'è noto, vanno per la maggiore fin da sempre, e le danzatrici-zingare vennero inevitabilmente etichettate come donne di malaffare, prostitute, alle quali era interdetto l'ingresso negli harem. Fu comunque permesso loro di esibirsi durante diversi eventi pubblici, purché sempre all'aperto. Infatti, ospitare una ghaziya nella propria abitazione era ritenuto oltremodo indecoroso.

Da tipica popolazione nomade, le ghawazee sostavano ai margini della città, spostandosi di continuo verso i confini dei grandi centri, eseguendo i loro improvvisati spettacoli di starda con danze vistose insieme a figure maschili che le accompagnavano con fragorose musiche.

Oggi possiamo ritrovare le tradizionali danze ghawazee nell'alto Egitto, dove si sono stabilite e, fortunatamente col passare del tempo, il livelo di tolleranza è notevolmente aumentato. Questi balli zingareschi ormai affascinano tutti senza più spaventare. Catturano gli sguardi incuriositi dei profani fino alla passione delle danzatrici di oggi che vogliono scoprire l'affascinante dimensione ribelle e nomade della danza. Gli strumenti e gli abiti utilizzati nelle danze ghawazee li ritroviamo simili nel flamenco arabo: usano infatti gonne molto ampie, camiciette scollate e fusciacche, vengono utilizzati i cimbali e il bastone e i movimenti non sono quelli raffinati dello sharki ma clamorosamente irriverenti, marcati, senza che però perdano la loro coinvolgente bellezza, un'avvenenza che rivendica la passionalità e l'orgoglio di chi vive il mondo intero come la propria casa.

Video: esempio di danza delle ghawazee