venerdì 9 settembre 2011

Si dia inizio alle danze!

Dopo un lungo periodo di silenzio dovuto al lieto mutare di eventi e alla (meritata!) pausa estiva, il blog riprende la sua attività danzante con la notizia che... si ricomincia a danzare! Iniziano nuovamente i miei corsi di danza orientale per principianti:

il martedì alla scuola ETA BETA a PRATO, dove verrà studiata la postura, i primi passi, i movimenti di bacino, braccia e petto, le combinazioni tra questi e formazione di una coreografia.

Il giovedì invece riprende il consueto corso principianti alla scuola ALTEA DANZA a Castelfiorentino, con approfondimento dello studio sulla tecnica, sui passi e creazione di nuove coreografie.

Occorrente: fouseaux o leggins, canottierina, foulard leggero da legare in vita, una bottiglia d'acqua. E, ovviamente, si danza scalze! Per maggiori info contattatemi via mail.

OGNI MARTEDì, A PARTIRE DAL 13 SETTEMBRE,
DALLE ORE 21:30 ALLE 23:00
SCUOLA DI DANZA "ETA BETA"
VIA DI REGGIANA 133, 59100 PRATO


OGNI GIOVEDì, A PARTIRE DAL 15 SETTEMBRE,
DALLE 21:15 ALLE 22:45
SCUOLA "ALTEA DANZA"
VIA MARCONI 23/25, CASTELFIORENTINO (FI)


...Vi aspetto!

martedì 31 maggio 2011

Riscoprire le radici


Spesso le danzatrici avvertono il desiderio di scoprire qualcos'altro nella loro danza. Qualcosa che vada oltre i riflettori di un'esibizione, oltre i lustrini, al di là degli applausi. E' come un sussurro, una sorta di richiamo interiore che talvolta ci sfiora piano giungengendo in punta di piedi, altre invece si spande con genuina curiosità e ci spinge a cercare, a riscoprire... le vere radici della nostra danza. Quella danza mistica che svelava la donna alla donna, che la equiparava alla divinità racchiudendo in sé il segreto della Terra. Quella che viene chiamata la Danza della Dea.

Immerse nel frastuono della società in cui viviamo, nelle corse quotidiane che ci proiettano sempre più avanti facendoci perdere il contatto con il qui e ora, corriamo il rischio di smarrire la Bellezza intrinseca in tutto ciò che ci circonda, di ciò che conta realmente, nell'essere e non nell'apparire.

La danza del ventre contribuisce nell'aiutarci a ritrovare la nostra armonia personale, non solo a livello di benessere fisico ma anche interiore e spirituale, soprattutto se riusciamo a conquistare la consapevolezza della sua vera essenza che, nonostante i secoli, non è mai cambiata.

Fate che la vostra danza non sia solo una ricerca di perfezione tecnica, bensì fatene una celebrazione personale, con cui ritrovarne le origini mistiche, per scoprire al suo interno una nuova coscienza. Quella dell'Essere, malgrado l'Avere.

martedì 17 maggio 2011

Danzare in gravidanza


Danzare si può, a tutte le età e in qualunque stato... Anche in quello "interessante". Sono stati riscontrati numerosi benefici tra le donne che hanno praticato la danza orientale durante la gravidanza. Evitando le movenze più energiche di anche e finachi, che possono risultare brusche, la danza del ventre praticata dal IV mese di gestazione, aiuta ad educare il bacino e la muscolatura pelvica in vista del parto. Con i suoi movimenti dolci collegati al respiro profondo e quelli circolari e fluidi effettuati in modo più lento del normale, la danza orientale si pone come un'ottima ginnastica pre-parto, apporta benessere sia alla madre che al nascituro e lo culla fin nel ventre materno. Grazie al respiro e ai movimenti acquisiti per il bacino, il parto risulterà meno doloroso e la discesa del bambino sarà facilitata. Le donne che intendono praticare la danza orientale come esercizio pre-parto consultino prima un medico, che si accerti del tipo di gravidanza in corso, e in seguito rivolgersi ad un'insegnante preparata.

Continuare a danzare dopo il parto poi, aiuta a mantenere l'elasticità della muscolatura pelvica e a far riacquisire il precedente vigore.

La danza orientale rivela un contatto profondo tra la donna e il proprio corpo, che giunge ad una diversa percezione del Sé, più ampia e viscerale. Questo collegamento avviene anche durante la gestazione: il rapporto tra madre e figlio inizia da lì, in un connubio silenzioso fatto di sensazioni intime, nuove e profonde, di trasformazione e crescita. Come la gravidanza è la massima espressione della creatività umana, la danza è una piccola espressione creativa della donna, e ciò che ne prende forma è linfa vitale. Non a caso la danza orientale viene talvolta definita la Danza della Dea...

giovedì 21 aprile 2011

Iskandariya, la danza alessandrina

Quel pesante panno nero che copre, si scosta e poi di nuovo avvolge. Una musica allegra e gioviale che fa da cornice a gesti ammiccanti e civettuoli. I movimenti energici riempiono lo spazio con una fragranza di fresca ilarità. La danzatrice gioca con il manto che la ricopre, attira a sé l'attenzione degli sguardi maschili e fa la preziosa, riproponendo le medesime movenze della danza da cui è nata. E' il Raqs Melaya (comunemente detta anche Iskandariya), danzata dalle donne alessandrine, ritenute tra le più belle della fervente città d'Egitto.

La melaya è il mantello nero con cui le donne avvolgevano corpo e viso, tratto distintivo di questa frizzante danza popolare, che le donne sventolavano camminando per le vie della città e del porto, creando intorno a loro un'intensa aura di curiosità e d'interesse tra gli sguardi maschili. La danzatrice infatti, con il corpo avvolto nella melaya, iniziava il suo ballo dapprima coperta e, giocando continuamente con il mantello a suon di musica, cominciava a mostrare il volto, scoprire e ricoprire il corpo, a legare la melaya sui fianchi evidenziandone i movimenti vistosi, per poi avviluppare nuovamente la propria figura nel manto. L'attenzione degli uomini veniva ben presto attirata dal fascino delle danzatrici: la tradizione vuole che questo stile nasca proprio come una sorta di corteggiamento tra l'uomo che tenta di conquistare la donna, e lei, che tra un sorriso semi coperto e un accenno di spalla, si fa continuamente desiderare.

L'abito utilizzato per l'Iskandariya è più o meno simile ai costumi del passato: si compone della gallabiya (o gallabeya) ossia il lungo abito tradizionale, del mandil, fazzoletto che ricopre la testa e, appunto, la melaya. Tuttavia, oggi troviamo la melaya abbellita da coloratissime paillettes e lustrini che ravvivano il colore scuro del manto, benché radicalmente differenti dai manti tradizionali.

Nonostante il passare del tempo e delle abitudini, il fascino di questa danza folkloristica non è andata persa. Esuberante, mai volgare, la ritroviamo ancora oggi in moltissime esibizioni e continua ad attrarre a sé sorrisi e sguardi curiosi.

(A destra: coreografia di Raqs Melaya della maestra Parvani)

sabato 9 aprile 2011

Immortal desires, lo spettacolo teatrale di danza orientale



"La Danza Mediorientale assume una nuova forma, in questo spettacolo che racconta la passione e la gelosia di un amore che trascende il tempo..." dice Jillina sul suo progetto Belly Dance Evolution, uno spettacolo danzato che si terrà nei teatri di Roma, Torino e Milano.

"Immortal desires", questo il nome dello spettacolo, si presenta con le musiche originali di Paul Dinletir della Hipalicious Music e dalla penna di Brandi Centeno, una performance teatrale in cui le danzatrici interpreteranno personaggi quali Medusa, Thor, Apollo, Afrodite, Pandora, Persefone in una storia appassionante che riunisce grandi artisti del mondo della musica, del teatro e della danza orientale.

Il progetto di Jillina inoltre, prevede un concorso on-line, che selezionerà fino a 12 ballerini locali che avranno l'opportunità di far parte di questo spettacolo originale.

Quindi, prendete carta e penna e segnate:

19 Maggio - Milano - Teatro Carcano - ore 21:00 info@samsaraclub.it

20 Maggio - Torino - Teatro Nuovo - ore 21:00 nuovotnt@tin.it

24 e 25 Maggio - Roma - Teatro Italia - ore 21:00 italia.teatro@libero.it

I biglietti possono essere prenotati ed acquistati tramite email al teatro. Per tutte le info e aggiornamenti: www.taus.it

martedì 5 aprile 2011

Ghaziya, la danzatrice nomade

"Cvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kasta
vasu ti baro nebo
avi ker
kon ovla so mutavia
kon ovla
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti...


...Poserò la testa sulla tua spalla
e farò un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa
chi sarà a raccontare,
chi sarà?
sarà chi rimane,
io seguirò questo migrare
seguirò
questa corrente d'ali."

(F. De André, KHORAKHANÈ, "a forza di essere vento")

Sfacciate, eccentriche, dalla ruvida bellezza: sono le nomadi del popolo ghawazee, che dall'India mosse in due grandi migrazioni: una verso l'Egitto, il nord Africa giungendo in Europa attraverso la Spagna e l'altra invece in direzione dei Balcani toccando il cuore dell'Europa, passando dalla Turchia.

A differenza delle raffinate almee (sing. awalim) degli harem, che coprivano il volto con il velo e fuggivano gli sguardi maschili, le ghawazee (sing. ghaziya, "zingara") si esibivano per le starde durante feste popolari, matrimoni e ricorrenze religiose. Le loro danze si distinguevano, oltre che per il viso ostinatamente scoperto, per i movimenti molto ampi, marcati, accompaganti da un'incisiva sonorità e da un abbigliamento estremamente vistoso. La ghazya infatti amava decorarsi con numerosi bracciali, orecchini, pendenti e collane, cerchietti al naso, anelli alle mani e ai piedi, campanellini alle caviglie e fusciacche intorno alla vita, preannunciando così il suo arrivo con un inconfondibile tintinnio. Il magnetismo dello sguardo veniva esaltato da un vistoso trucco, con l'hennée erano solite tingere i capelli e ornavano le mani con particolari disegni. Il ballo poi non era l'unica attività delle ghawazee. Esse infatti eseguivano tatuaggi, circoncisioni sugli infanti ed erano rinomate come indovine, attraverso pratiche di preveggenza quali chiromanzia, cartomanzia e lettura dei fondi del caffè.

Nonostante il fascino che possa suscitare una figura così misteriosa e inafferabile, il passato del popolo ghawazee è intriso di molte difficoltà e terribili situazioni volte a emarginare le zingare del deserto dalla società. A dispetto della segregazione della donna-danzatrice all'interno degli harem e dei sontuosi palazzi di ricchi signori, le belle nomadi continuarono a ostentare la propria arte per le strade, sotto gli occhi di tutti, in particolare quelli maschili delle truppe napoleoniche presenti al Cairo, con cui familiarizzarono, creando non pochi problemi tra i soldati. Questo contribuì a renderle indecenti e scomode agli occhi dei cittadini e delle autorità, alimentando la loro pessima reputazione.

L'aberrante uccisione di quattrocento ghawazee, i cui corpi decapitati vennero gettati nel Nilo, fu legittimata dalla gendarmérie napoleonica come metodo per pacificare i dissidi tra le truppe, ma in realtà era il metodo ritenuto più efficace per cacciare le ghawazee dalla città, emarginandole. L'allontanamento definitivo poi dalle aree metropolitane avvenne per volere del reggente egiziano Muhammed Alì, che nel 1834 stabilì un severo allontanamento del ceppo nomade dai centri urbani del sud.

I luoghi comuni, com'è noto, vanno per la maggiore fin da sempre, e le danzatrici-zingare vennero inevitabilmente etichettate come donne di malaffare, prostitute, alle quali era interdetto l'ingresso negli harem. Fu comunque permesso loro di esibirsi durante diversi eventi pubblici, purché sempre all'aperto. Infatti, ospitare una ghaziya nella propria abitazione era ritenuto oltremodo indecoroso.

Da tipica popolazione nomade, le ghawazee sostavano ai margini della città, spostandosi di continuo verso i confini dei grandi centri, eseguendo i loro improvvisati spettacoli di starda con danze vistose insieme a figure maschili che le accompagnavano con fragorose musiche.

Oggi possiamo ritrovare le tradizionali danze ghawazee nell'alto Egitto, dove si sono stabilite e, fortunatamente col passare del tempo, il livelo di tolleranza è notevolmente aumentato. Questi balli zingareschi ormai affascinano tutti senza più spaventare. Catturano gli sguardi incuriositi dei profani fino alla passione delle danzatrici di oggi che vogliono scoprire l'affascinante dimensione ribelle e nomade della danza. Gli strumenti e gli abiti utilizzati nelle danze ghawazee li ritroviamo simili nel flamenco arabo: usano infatti gonne molto ampie, camiciette scollate e fusciacche, vengono utilizzati i cimbali e il bastone e i movimenti non sono quelli raffinati dello sharki ma clamorosamente irriverenti, marcati, senza che però perdano la loro coinvolgente bellezza, un'avvenenza che rivendica la passionalità e l'orgoglio di chi vive il mondo intero come la propria casa.

Video: esempio di danza delle ghawazee

martedì 29 marzo 2011

Belly dance day Tuscany: la Maratona di danza del ventre

Una vera e propria Maratona quella di domenica 27 marzo a Prato, alla palestra Corpus in via Roma. Ma una maratona particolare, fatta di musica, monetine che tintinnano, mille colori in movimento e tanti sorrisi. Una giornata unica, interamente dedicata al ballo e abilmente organizzata da sei professioniste della dimensione danza orientale.

Maryem, Shahinaz, Nadia Nawaar, Kasia, Martina Mahtab e Parvani hanno saputo rendere un degno omaggio alla danza nelle sue diverse forme a suon di seminari intensivi con sensuale Sharki, dinamico Fushion, civettuolo Melaya e ancora con danze del Cabaret egiziano, lo stile Gothic e l'Egiptian pop. Ma non solo: facendo qualche passo tra le sale, si scoprivano accenni sul goliardico Burlesque, l'allegrissimo Bollywood, poi lezioni con cimbali e bastone, e le meravigliosamente sfacciate danze gawazee. Per tutti i gusti, per tutti i livelli, nessuno escluso.

Una giornata densa di emozioni, curiosità, impegno, colma di piccole perle di conoscenza donate a tante, tantissime ragazze unite insieme dall'amore per la danza. Ottima compagnia ma soprattutto, ottime insegnanti.

Un momento del Belly dance day: con Maryem (al centro con i pantaloni azzurri) dopo il seminario di Cabaret egiziano

lunedì 28 marzo 2011

Da dove comincio?

Come iniziare il viaggio nella danza orientale? Esistono molti stage, seminari e DVD con cui scoprire danze e stili diversi ma, a meno che il seminario non specifichi un livello per principianti assoluti, per le neofite sarebbe meglio partire con un corso base presso una scuola di danza o una palestra. L'essere seguite costantemente da un'insegnante aiuta a correggere più facilmente gli errori, ad apprendere meglio e più in fretta e a vivere un'atmosfera corale che dona tranquillità e sicurezza. Solitamente le lezioni durano un'ora o un'ora e mezza con frequenza settimanale di un giorno o due, pertanto è necessario provare anche a casa per mantenersi in esercizio e non dimenticare quanto appreso.

Potete cimentarvi con qualunque stile vi stuzzichi, dal Raqs Sharki al Tribal, purchè sia un primo livello. Personalmente consiglio di iniziare dallo Sharki, che immette direttamente nel mondo della danza tradizionale araba e facilita l'apprendimento di contaminazioni diverse e più complesse che si volessero sperimentare in seguito.

Avendo poi acquisito una certa padronanza su tecnica e passi, è possibile seguire degli stage specifici extra corso con cui approfondire lo studio della danza, tramite insegnanti diversi con cui scoprire stili mai provati, combinazioni nuove e l'uso di vari di strumenti. Mi raccomando, controllate sempre il livello o gli anni di danza richiesti per parteciapre agli stage!

Tuttavia, l'obiettivo più importante è vivere la danza come un momento di liberazione, gioia e scoperta di se stesse, quindi non siate troppo rigide nel perfezionare la tecnica, che è certamente importante ma è non tutto... la vostra danza sarà unica e meravigliosa se lascierete fluire come un fiume la passione che è in voi!

giovedì 24 marzo 2011

Falsi cliché e smentite convinzioni

Tintinii, veli, luci soffuse, ritmi cadenzati... La curiosità si fa strada e alimenta una crescente voglia di provare. Prima di suggerire come partire, però, è importante sfatare certi luoghi comuni sulla danza del ventre. Alcuni accenni sono stati già dati ma... repetita iunant! Quindi, è bene sapere che:

Non è necessario essere magre: molte ragazze si sentono inibite dal provare a causa delle proprie forme. Sbagliatissimo! La danza orientale ammette tutte le taglie, inoltre la rotondità spesso aiuta a rendere i movimenti più fluidi e sinuosi, molto gradevoli a vedersi.

Non ci sono limiti di età: giovani, giovanissime e donne mature possono affacciarsi senza discriminazioni su questa affascinante dimensione orientale. Addirittura anche le bambine e le donne incinte possono imparare la danza del ventre, in quanto apporta benefici sia per la crescita che per le fasi della gestazione: nei Paesi arabi, infatti, la danza viene insegnata ai piccoli fin dalla tenera età e continua ad essere praticata anche durante la gravidanza.

Non è una danza osé: spiacente deludere chi si aspetta di assistere ad uno spettacolo hard, ma come già specificato in precedenza, la danza orientale non è una lap dance araba ma una vera e propria espressione artistica, che comprende le sfumature più suggestive della sfera emotiva ed emozionale della danzatrice. La seduzione e la sensualità ne sono la sublimazione.

Non è solo per donne: ebbene sì, nonostante sia la danza della donna per eccellenza, gli uomini possono imparare la danza orientale! Com'è noto, nella cultura araba il ballo è un modus vivendi sia per i maschi che per le femmine, fin dall'infanzia. Ovviamente la variante maschile riguarda il folklore, non si chiama danza del ventre e la tecnica differisce dal nostro sharki in quanto l'attenzione si concentra su movimenti energici e decisi, salti e giochi di gambe anziché sulla morbidezza di bacino e petto. Tra l'altro, molti eccezionali maestri di danza del ventre sono proprio uomini.

Nessuno nasce imparato: è facile scoraggiarsi se i movimenti non risultano subito perfetti, ma tenete presente che è solo questione di tempo ed esercizio: anche le più abili master class sono partite da zero. Costanza e dedizione ripagano sempre!

Eliminati, dunque, falsi miti e leggende metropolitane, non resta altro che muovere i primi passi...

martedì 22 marzo 2011

Al Andalus: lo stile arabo-andaluso

Una particolare menzione merita lo stile arabo-andaluso, comunemente conosciuto come flamenco arabo, per la particolare passionalità che riesce ad esprimere nel suo orgoglio gitano.

Erroneamente creduto una fusione moderna tra il flamenco e la belly dance, lo stile arabo-andaluso affonda le sue origini nell'antico Maghreb, diviso in province e attraversato da numerosi stravolgimenti politico-sociali che videro fondersi diverse culture tra cui la persiana, la greca e l'egiziana, con altre proprie delle minoranze dei luoghi limitrofi. Le influenze apportate dalle dominazioni arabe e dai conflitti religiosi con i cristiani sfociarono in una lenta fusione tra culture, fusione che dilagò non solo in medioriente ma anche in parte dell'Europa. Gli spostamenti dei gitani infatti furono determinanti. I nomadi si mossero dall'India passando da Turchia, Iran, Armenia fino a toccare Cechia, Slovacchia, e con il sedentarismo a cui vennero forzati in Spagna, Italia e Francia dal XV secolo, diedero l'avvio alla mescolanza tra varie forme di danze e musica, generando il flamenco. Come conviene alle tradizioni, questa danza veniva tramandata secondo i dettami familiari dalla madre ai figli, con sfumature differenti a seconda del ceppo di provenienza. Il flamenco, con le sue contaminazioni, venne etichettato come danza popolare, quella propria di chi vive ai margini, di coloro che non si omologano. Questo seme popolare lo ritroviamo ancora oggi in alcuni balli tipici del Maghreb e dintorni, nel sud Italia con Pizzica e Taranta e in riadattate ricorrenze religiose quali, ad esempio, la Semana Santa spagnola.

In seguito nel '900, con il dilagare del fenomeno belly dance e l'apertura ad una visione più tollerante nei confronti della danza non ortodossa, anche il flamenco esce dai margini e fonde il suo vigore espressivo e prorompente con la delicatezza delle movenze del ventre, dando vita allo stile Andalus. La sua musica, sorta principalmente durante l'occupazione araba nei territori spagnoli, è un mix travolgente di ritmi flamenchi e arabi, su cui la ballerina utilizza nacchere o cimbali, lo scialle, tipico del folklore flamenco, viene usato in modo simile al velo e il movimento energico delle braccia e delle mani contrasta, senza mai stonare, con l'intensa sensualità della danza orientale, dando vita ad una danza decisamente viscerale.

mercoledì 16 marzo 2011

Gli strumenti della danza e della musica araba

Velo, bastone, spada. Ma c'è di più. La bellezza della danza orientale, già meravigliosa per i suoi movimenti, viene arricchita da una serie di strumenti che la rendono davvero unica.

Con una coppia di piattini assicurati tra l'indice e il pollice di entrambe le mani, la danzatrice scandisce il ritmo mentre esegue una danza generalmente allegra e movimentata. Essi sono i zagat o cimbali: uno strumento molto antico appartenente alla tradizione araba, dall'origine ritualistico-propiziatoria.
Tamburello duff

I zagat rientrano tra gli strumenti a percussione utilizzati dalla danzatrice, tra cui troviamo anche il duff: relativo al tamburello inglese, è ricoperto da pelle di pesce sulla cui superficie la ballerina batte il tempo e da due file di piattini tutt'intorno. Viene utilizzato durante le tipiche danze popolari.

Ali di Iside
Un'oggetto moderno ma sempre affascinante utilizzato nella danza del ventre sono le ali di Iside: due aste rigide alle quali sono attaccate delle stoffe di leggera organza a pieghe che, con il movimento delle braccia, creano un effetto scenico davvero sorprendente, riproducendo appunto il movimento delle ali.

Una danza curiosa è quella con il candelabro, tipica egiziana, che la danzatrice esegue durante i matrimoni e le celebrazioni tenendo in equilibrio sulla testa, appunto, un candelabro. Una variante di questo stile è l'utilizzo delle candele, solitamente tonde e tenute nei palmi delle mani, che risultano molto d'effetto sia nelle performance lente e sensuali che per le entrate in scena grazie all'atmosfera soffusa che creano. La luce emanata dalle candele, o dal candelabro, simboleggia la guida durante il cammino, scaccia le tenebre, e sostanzialmente è una danza augurale: che il cammino della vita venga rischiarato dalla luce.

Danza con le candele, variante della danza con il candelabro

La sonorità araba inoltre si differenzia per i particolari strumenti musicali a percussione, a corde e a fiato che accompagnano ogni danzatrice.

Darbuka o Tabla

Ud
Oltre al già citato duff, utilizzato non solo dalla danzatrice ma anche dai musicisti, il darbuka, ossia la famosa tabla, è lo strumento a percussione maggiormente utilizzato per i balli ritmati. Presenta la forma di una coppa e può essere di terracotta o metallo, la superficie solitamente è composta da pelle di capra o pesce, unita al bordo da sottili fili intrecciati.

Tra gli strumenti a corde troviamo l'Ud, ("legno") considerato dagli arabi "il sultano degli strumenti a corde" per la sua importanza nella cultura mediorientale. L'ud è una sorta di liuto dal manico corto dotato di cinque o sei corde.

Il quanun invece è di ottone e legno, anche questo a corde, dalla curiosa forma a trapezio. Differente invece è il rabab, dotato di manico largo e di due corde di crine suonate tramite un archetto, che rallegra le danze popolari egiziane.
Rabab

Zurna
Tra gli strumenti a fiato più importanti ricordiamo il nay, ossia il flauto dolce annoverato tra gli strumenti più antichi, e lo zurna, flauto dalla silouette simile ad una tromba che presenta sette fori e dal quale si diffondono gioiose melodie.
Nay





E ora... che voglia di danzare!

lunedì 14 marzo 2011

STAGE DI DANZA ORIENTALE


Stage di Raqs Sharki Tradizionale, con ALESSANDRA MANAAR

Due incontri con cui scoprire e approfondire i movimenti principali della danza orientale per poi formare una coreografia su meravigliose note di melodie orientali.

Lo stage è di livello principianti: è rivolto a chi si affaccia per la prima volta sul mondo della danza orientale e per coloro che hanno già un minimo di esperienza, ma desiderano perfezionarne lo studio.

PROGRAMMA:

I incontro, domenica 20 marzo
Riscaldamento, postura, respirazione. Movimenti principali di bacino, petto, braccia, testa. Utilizzo delle mani e isolamento delle parti del corpo, shimmies e combinazioni tra i passi studiati. Creazione di una coreografia (prima parte).

II incontro, domenica 3 aprile
Riscaldamento, postura, respirazione. Ripasso dei movimenti principali e shimmies. Introduzione alla danza a terra. Danzare su melodia e ritmo: approccio. Creazione finale di una coreografia su quanto appreso.

Durante le lezioni ci saranno alcune spiegazioni sulle origini della danza orientale e sulla simbologia dei movimenti.

GIORNI, LUOGO E ORARI:

Domenica 20 marzo e Domenica 3 aprile, ore 14:30 - 17:30, palestra "BODY PLANET", Via Roubaix 31, Prato.

INFO

Costo: percorso completo di entrambi i giorni: 65 euro; una singola giornata: 45 euro.

Per info sul pagamento:
contattare tramite mail:
Alessandra Manaar alebarreca[at]gmail.com

Oppure rivolgersi alla Reception palestra Body Planet: 0574.401401, entro il 19 marzo per il primo incontro, entro il 1 aprile per il secondo.

Per chi volesse partecipare ad una singola data è possibile effettuare pagamenti separati.

Yalla!!!

giovedì 10 marzo 2011

A ognuna il suo... stile

Molti Paesi, molte danzatrici, stili diversi. A seconda dei differenti luoghi di provenienza, delle tradizioni e delle inevitabili contaminazioni, la danza orientale propone una gamma di caratteristiche e sfumature talmente varie da avere l'imbarazzo della scelta. Ma anche più d'una...

Doppio velo
Il Raqs Sharki o più precisamente Raqs Al-Sharki, la danza d'oriente, è lo stile classico egiziano in cui la danzatrice esprime emozioni intense, profonde e passionali. Esso infatti presenta movimenti eleganti, raffinati, molti dei quali eseguiti in punta di piedi, a differenza del Baladi, la danza popolare. Considerato la madre del Raqs Sharki, lo stile Baladi si caratterizza per movimenti più marcati e incisivi, piccoli salti e passi che esprimono una leggerezza diversa rispetto alla profondità dello Sharki. La musica inoltre è un crescendo continuo che passa dal malinconico fino a ritmi più movimentati di tabla (percussioni).

Salomè, di Franz von Stuk
La danza con il velo, elegante, delicata e sensuale, è stata introdotta nel XX secolo nei Cabaret egiziani diventando in breve una tra le danze più diffuse nel Raqs Sharki. Con il velo la danzatrice racconta se stessa in una storia di dolcezza ed abilità raffinata, talvolta utilizzando anche il doppio velo. Ma questo stile rivendica un'origine ben più antica: si rifà alla biblica danza dei sette veli con cui Salomè, con ammalianti movimenti lenti e sensuali, si denudò poco a poco lasciando cadere uno per volta i suoi veli, tanto da sedurre re Erode ed ottenendo così la decapitazione di Giovanni il battista.

Danza col bastone
Sui ritmi Saidi si balla con il bastone, il Raqs Al-Assaya, che nasce nella regione del Said e proviene da un retaggio marziale: il Tahtib, dove il bastone veniva utilizzato come arma di attacco e difesa. E' un tipo di danza che può essere eseguita sia dagli uomini che dalle donne, con modalità differenti: gli uomini utilizzano una massiccia canna di bambù per riproporre movimenti acrobatici e scene di combattimento, le donne invece antepongono la grazia e la sinuosità dei passi, esternando certo atteggiamento canzonatorio nei confronti della virilità maschile.

Danza con la spada
Molto particolare è la danza con la spada, nella quale la danzatrice unisce una straordinaria abilità e capacità di concentrazione ad una sensualità indiscutibile. Il Raqs Al-Sayf risale ai tempi in cui le donne, catturate come bottino di guerra o comprate come schiave, venivano portate all'interno degli harem. Durante le loro esibizioni per compiacere il ricco signore, alcune prigioniere sottraevano la scimitarra alle guardie in segno di sfida. Una sorta di ribellione muta in cui la ballerina danzava sensualmente ponendo l'arma in equilibrio sulla testa e in altre parti del corpo, per dimostrare senza paura che anche se quella spada avesse deciso della sua sorte, la sua anima sarebbe stata sempre e comunque libera.

Ma la danza del ventre incontra anche la modernità: il Tribal style nasce negli anni '80 negli Stati Uniti, per diffondersi in seguito in tutta Europa. La novità del Tribal riguarda i movimenti perfettamente sincoronizzati tra le danzatrici, passi semplice e scatti di bacino con marcato isolamento delle parti del corpo, ma anche l'abbigliamento, che propone un mix arabo e africano. il Tribal nasce come danza di gruppo, scostandosi dal contesto tradizionale del Raqs Sharki e sviluppando col tempo stili diversi nel suo interno, tra cui sono meritevoli di menzione il Tribal Fushion, che può essere svolto anche da solista e si fonde con la danza indiana, yoga e break dance, e lo stile Gothic, curioso e particolare, caratterizzato da forti tinte dark, sonorità medievali o addirittura metal.

Stile Tribal
Ma non dimentichiamo il folklore, peculiare di ogni regione mediorientale e di cui troviamo moltissimi stili. L'elenco sarebbe lunghissimo, ma sono sicuramente da evidenziare il folk tunisino, marocchino e dei Paesi del Golfo.

Nella danza tradizionale tunisina ritroviamo elementi arabi, andalusi e ottomani sia a livello musicale, negli stili che nei ritmi. Ciò rispecchia i flussi migratori e i cambiamenti politici che hanno attraversato il Paese influenzandone la cultura. La sonorità, come la danza, si caratterizza per la sua allegria, la danzatrice tunisina ha un portamento elegante, perfetto, i suoi movimenti, delicati e precisi, si sposano armoniosamente sia con la danza a terra che con le energiche ondulazione e movimenti laterali del bacino. Il ventre, ossia il concetto di fertilità, è l'elemento centrale in questo folklore dagli abiti colorati (il vestito tradizionale, il melia). La cintura ornata con ampi fiocchi e nastri che cinge la vita, esalta i movimenti di bacino su ritmi di un crescendo continuo. Le braccia accompagnano ed evidenziano l'ondeggiare dei fianchi o si muovono semplicemente per sfoggianre deliziose decorazioni arabescate. La danza tunisina maschile, invece, pone l'attenzione sui movimenti ritmati delle gambe, esprimendo una forte, allegra energia. La danza considerata il simbolo nazionale tunisino è lo Shaabi, la cui origine beduina non appartiene ad una regione in particolare. Lo Shaabi presenta accenti molto ritmati e gioiosi, e viene svolta durante eventi festosi quali matrimoni, ritrovi tra donne o circoncisioni.

Le danze folkloristiche marocchine invece si riallacciano ai maggiori avvenimenti quotidiani, caratterizzando fortemente l’identità dei marocchini. Sono balli differenti tra loro a seconda alle città o delle diverse campagne da cui provengono. La grande varietà, sia musicale che degli stili marocchini, si possono considerare come il riflesso delle contaminazioni culturali che hanno percorso il Paese e si snodano tra influenze musicali ebree, greco-romane, andaluse e africane, passando ovviamente da quelle arabe per giungere fino alle berbere.

Spostandoci un po' troviamo il Khaliji che, come ci suggerisce il nome, è la danza "dai Paesi del Golfo", anche chiamata la "danza dei capelli" per i particolari movimenti che mettono in primo piano la chioma della ballerina. I suoi movimenti sono continui e ritmati, busto spalle e testa hanno un ruolo principale insieme ai piedi, che muovono il tipico "passo di Khaliji", cadenzato e ripetuto. L'abito ampio e tradizionale, il Thobe, nasconde i movimenti di petto e bacino che non devono essere posti in rilievo, ma ciò nonostante la sensualità della danzatrice non viene smorzata. E' una danza fresca, colma di gioia ma sa essere anche passionale, che spoglia il cuore dalla pesantezza e sprigiona ondate di armonia. (In alto: video di una splendida performance Khaliji della maestra Kamal Ballan)

Ma i vari tipi di danze non finiscono certo qui: esse solitamente vengono arricchite con oggetti particolari, accompagnate dalla coinvolgente sonorità di determinati strumenti musicali e... al prossimo post!

lunedì 28 febbraio 2011

Danzando con Sandy D'Alì

Foto di gruppo del corso di formazione con Sandy D'Alì

L'atmosfera che si respira ha quel profumo inconfondibile della gioia di danzare, che alimenta un'insaziabile voglia di imparare, provare e riprovare, tanto che tre ore sembrano solo pochi minuti. La precisone impeccabile, la professionalità, un'ottima musica e l'allegria sono gli ingredienti insostituibili del corso di formazione con Sandy D'Alì, ballerina da tutta la vita ed esperta insegnante di danza orientale.

Partecipando ai suoi incontri non solo arricchisco la mia esperienza tecnica sul ballo, studiando uno stile diverso, moderno, ma ritrovo una fresca leggerezza che aiuta a lasciarsi andare in un mare musicale di movimenti e colori. Una bellissima esperienza, sicuramente da provare!

I prossimi appuntamenti con la scuola di Sandy D'Alì a Bologna, li trovate di volta in volta aggiornati nella sezione Eventi.

martedì 22 febbraio 2011

Il potenziale femminile

"Scava dentro di te, perché dentro di te è la fonte del bene e zampillerà senza fine, se continuerai a scavare..." (Marco Aurelio)

Awalim, ghaziya, belly-dancer... qualsiasi appellativo vogliate darle, la danzatrice è prima di tutto una donna. La conflittualità che nasce dal doversi misurare con una società prevalentemente machista ci induce a mettere in ombra la nostra essenza, erroneamente intesa quale sinonimo di fragilità. Ma lo scrigno dell'interiorità femminile è tutt'altro che fragile, e per prenderne coscienza è necessario riscoprire noi stesse e le nostre potenzialità.

La danza orientale non nasce per compiacere gli uomini e non è una lap dance araba, ma è la danza della donna per eccellenza eseguita per la donna, è l'esaltazione danzata dell'essenza femminile che ha ben chiaro il proprio potenziale. A differenza di molte altre attività, la danza del ventre non incontra limiti di età né di massa corporea: ogni donna, dall'infanzia alla maturità avanzata e con qualunque taglia può indistintamente praticarla traendone beneficio. Attraverso cerchi, onde e vibrazioni ogni danzatrice esprime se stessa e la sua femminilità con un linguaggio fisico e psichico individuale, affermando la propria personalità con convinzione. Il controllo sui movimenti, poi, amplia la percezione del corpo, schiudendo una consapevolezza interiore che sfocia inevitabilmente nel prendere atto delle proprie capacità nascoste.

La bellezza delle movenze non nasce solo da una tecnica impeccabile, bensì dall'ardore che la danzatrice sprigiona durante il ballo in modo del tutto personale, sussurrando il suo mondo interiore con gioia o malinconia, dalla sensualità alla tenerezza, fino all'allegria. Come ricordo spesso alle mie allieve è più coinvolgente un passo eseguito con passione, anche se relativamente impreciso, piuttosto che un movimento perfetto ma freddo, privo di emozione.

La pratica costante della danza orientale rimuove il velo adagiato sul nostro essere insegnandoci ad ascoltare, ad aprire il cuore alle sensazioni, così che, trasportate dalla musica, saremo in grado di liberare con gioia quell'intuitività prettamente femminile. Ma questo potenziale non resta confinato al ballo in sé. Silenziosamente, senza che ce ne accorgiamo, esso si spande come un lago nella nostra sfera di vita rendendoci coscienti delle nostre capacità e della ricchezza che custodiamo in noi stesse, tenendo ben presenti i nostri confini. Solo così potremo manifestare il nostro sé, con la consapevolezza di ciò che siamo e che siamo in grado di fare, spogliandoci dei timori, dei luoghi comuni e dei ruoli imposti.

mercoledì 16 febbraio 2011

I Benefici Psico-fisici ed Energetici della Danza Orientale

Lo stile di vita occidentale, progressista e innovativo, con i suoi ritmi freneteci o l'eccessiva sedentarietà, le continue corse contro il tempo e lo stress sempre in agguato dietro l'angolo, ci porta inevitabilmente a perdere il contatto con noi stessi e il nostro corpo, col rischio di farci sottovalutare oltremodo l'attenzione che richiedono. Alla lunga, il risultato è un accumulo di tensioni che sfocia in dolori, fastidi e nervosismi di ogni tipo che minano la nostra serenità interiore e il rapporto con l'esterno. Il suggerimento di molti è di praticare un'attività che sfoghi tali tensioni fisiche, ma al contempo è bene dedicarsi a qualcosa che curi non solo il corpo, il quale è un riflesso esteriore dello stato emotivo, ma prendersi cura seriamente del proprio benessere interiore.

La danza del ventre utilizza ogni singola parte del corpo, dalla testa ai piedi, includendo anche l'utilizzo di quei muscoli di cui ne ignoravamo l'esistenza. Praticarla in maniera costante scioglie le articolazioni e rinvigorisce la muscolatura, troppo spesso sottoposta a irrigidimenti dovuti all'assunzione di posture scorrette. Gambe, braccia e petto si irrobustiscono mentre la vita e i fianchi si assottigliano, i fastidi cervicali e lombari si alleviano e la colonna vertebrale riacquista la sua giusta fisionomia, tanto che va a correggere i problemi di lordosi e scoliosi.

I movimenti del bacino e del petto allentano le tensioni e le contratture su tutta la schiena, in particolare le oscillazioni ripetute del bacino stimolano la muscolatura pelvica, riducendo i dolori mestruali e pre-mestruali. Aumenta anche l'ossigenazione del sangue e la circolazione migliora riducendo la ritenzione idrica e la tanto odiata cellulite.

Man mano che la danzatrice entra in contatto con la danza orientale, la sua capacità di concentrazione aumenta, acquista una percezione migliore del suo corpo e una maggiore sicurezza in sé. La femminilità, spesso sacrificata dal nostro modus vivendi, sboccia nuovamente rinvigorita come un fiore a primavera e le insicurezze pian piano svaniscono. La musica, dolce e gioosa, aiuta a creare un ambiente armonioso e vitale dove la danzatrice impara ad aprirsi e ad esprimere se stessa.

Ma non è tutto: la danza orientale non agisce soltanto nella sfera psico-fisica di chi la pratica, ma interessa anche il suo campo energetico, attraverso la stimolazione dei Chakra*. In particolare: il Muladhara Chakra, lo Svadhisthana e il Manipura. Il primo, situato metafisicamente alla base del coccige, ci rimanda al nostro legame con la terra, agli istinti, ai bisogni fisici e al senso di realtà; il secondo Chakra menzionato comprende la sfera della sessualità, della potenza creativa e delle emozioni ed è collocato nella zona pelvica dietro ai genitali. Il Manipura, invece, chakra del plesso solare che si trova tra lo stomaco e l'ombelico, riguarda l'autoaffermazione, la volontà, l'autostima, il rapporto con gli altri e la gioia di vivere. In sostanza, la sollecitazione dei chakra dovuta alla danza orientale lascia fluire l'energia liberamente, armonizzando gli squilibri che si creano in determinati ambiti della vita e della personalità del soggetto.

Infine, c'è da aggiungere un ulteriore giovamento dovuto alla danza del ventre: tra le danzatrici si crea un rapporto sincero di complicità, solidarietà e comprensione, un filo sottile ma resistente che riscopre l'antico senso di questa meravigliosa arte.

Provare per credere!

*I Chakra, parola sanscrita che significa "ruota", secondo la filosofia indiana sono dei centri energetici che irradiano e regolano il nostro flusso di energia (o Prana). La tradizione ne individua sette principali relativi a precisi punti del nostro corpo, che grazie al loro corretto funzionamento sviluppano in senso positivo ed armonico tutte le funzioni creative, vitali, emotive, spirituali e coscienziali di ogni individuo.

giovedì 10 febbraio 2011

Il segreto dei movimenti: cenni sulla simbologia dei passi

Possiamo affermare la danza orientale si esprima attraverso un "linguaggio silenzioso"  del corpo e dello spirito? Sicuramente sì. Come abbiamo detto, nascendo in un contesto ritualistico, i passi di questa danza non erano certo eseguiti a caso: ogni movimento conteneva un simbolismo ben preciso con cui si rivolgeva una preghiera, un inno, un'invocazione, si entrava in estasi o si offriva la propria dedizione agli dei. Anche se al giorno d’oggi non viene più praticata  per scopi mistico-religiosi, il significato dei gesti è stato conservato e tramandato nel tempo contribuendo a renderla una tra le danze più affascinanti di sempre. E' interessante quindi comprendere il significato segreto custodito dalle antiche danzatrici e rivelato silenziosamente da colori, tintinnii e melodie che si intrecciano ad avvolgenti movimenti sinuosi. Scopriamo insieme il significato di alcuni movimenti principali…

Noi danzatrici moderne sappiamo che per alcuni passi è necessario mantenere la pianta dei piedi totalmente a contatto con la terra. Questa posizione basilare, per noi scontata, anticamente manifestava la forza e la stabilità femminile sancita dal connubio tra la donna e la Terra. Di notevole importanza poi sono le mani con le quali evidenziamo maggiormente i movimenti corporei, ma al contempo simboleggiano anche l’atto del donare offerte alla Dea. Non solo: la danzatrice offriva se stessa e il suo cuore alla divinità e tale gesto ancora oggi si esprime inarcando la schiena e portando indietro la testa. I ripetuti movimenti del bacino, in avanti e indietro, e gli shimmy, ovvero i tremori che scuotono delicatamente la danzatrici, rievocano chiaramente l’energia e l’atto sessuale, massima espressione della potenza creatrice umana. 

La mezzaluna disegnata armoniosamente dai piedi o con la testa si riallaccia al principio femminile, non a caso troviamo numerose iconografie di Iside con una mezzaluna sulla testa. Le braccia, la pancia e la schiena poi ricalcano  il movimento di alcuni animali, come il cammello o il serpente. In particolare l’archetipo del serpente è molto interessante in quanto radicato nella storia del mondo. Dai miti greci, passando per quelli nordici fino ad arrivare alle tradizioni asiatiche e sud americane, il serpente è l’emblema dell’energia vitale primordiale. Per l’induismo tale forza, nell'essere umano, è paragonabile alla Kundalini, energia spiraliforme situata alla base della schiena, o a “Ida e Pingala”, potenza maschile e femminile rappresentata da due rettili che si muovono lungo la schiena, intrecciandosi. In sostanza,  il serpente è la manifestazione della potenza divina e dell’evoluzione spirituale. Quindi, la sacerdotessa che con le sue danze incarnava l’essenza della Dea, diventava ella stessa perfezione: con l’otto (o infinito), movimento eseguito con il bacino e il petto, in orizzontale, verticale e in alto, con le braccia e con i piedi, si evince questo richiamo di massimo equilibrio e completezza. Il cerchio (per alcuni ronda) disegnato dalla danzatrice con il bacino o con il petto, in senso orizzontale, verticale o laterale, era associato alla ciclicità della vita, ciò che non ha inizio né fine, quindi ancora una volta, perfezione. 

Da non dimenticare poi le delicate movenze corporee che ricordano le onde, e perciò l’acqua, altro elemento naturale su cui si aprono le pagine di tutte le scritture mitologiche e religiose, sostanza che dona la vita, legata indissolubilmente alla sfera femminile. Il movimento che incarna questo elemento si sposa con la fertilità, esprimendo capacità ricettiva e lo scorrere degli eventi. Dall’acqua passiamo al fuoco: il basico, passo egizio. La danzatrice solleva un fianco dall’alto verso il basso per due volte e con l’altra gamba, posizionata sulla mezza punta, compie un giro intorno a sé, impersonando il sole, quindi energia , dinamismo, rinnovamento e luce. E la sua immancabile caratteristica di dare la vita. Fuoco e sole, distintivi maschili per eccellenza che sembra strano annoverare nella simbologia della danza d’oriente, come detto fin’ora, prettamente femminile-lunare. Ma ciò è possibile poiché i due poli non sono scindibili. La danzatrice accoglie l'elemento maschile e lo interpreta come una naturale estensione del suo essere, altrimenti sarebbe incompleta. La dualità infatti è onnipresente universalmente, mantiene l'equilibrio e l'armonia perfetta di tutte le cose... che a quanto pare gli antichi conoscevano bene.

mercoledì 9 febbraio 2011

"Raqs Al-Sharki", la danza d'oriente: un po' di storia


Non è chiara quale sia l’origine della danza orientale. Per alcuni affonda le sue radici nella lontana Mesopotamia e tramite gli spostamenti delle popolazioni nomadi, tramandata all' l’Egitto, alla Turchia e al Maghreb. Secondo altre fonti invece proviene dall’antica India e anche qui, attraverso le migrazioni, si è mischiata a varie tradizioni. Ad ogni modo, questa antica arte si caratterizza fin dall’antichità per il  suo ritualismo rivolto al culto della Grande Madre, la Dea, conosciuta con nomi differenti a seconda del luogo di provenienza, quali Ishtar, Demetra, Iaset, Parvati e così via. Figure potenti dai nomi diversi ma uguali nella sostanza.

La donna, per eccellenza accostata alla terra, all’acqua e quindi alla vita, era considerata lo strumento grazie al quale la Dea poteva manifestare la sua presenza: si credeva che le sacerdotesse-danzatrici, eseguendo particolari danze mistiche, avessero il potere di liberare l’energia divina. La danza era un vero e proprio rito, un segreto sussurrato e tramandato attraverso una gestualità ben precisa, non solo come canale di contatto con la divinità, ma anche per invocarne la bellezza, il favore, ed era utile per propiziare la fertilità. I movimenti ondulatori e sussultori tipici della danza orientale ricordano la ciclicità della vita, gli elementi e determinati animali ritenuti sacri come ad esempio il serpente, che ritroviamo in moltissime tradizioni oppure nelle primitive forme d'arte: chi non ricorda la statuetta della dea che stringe i serpenti?(foto in alto a sinistra. Queste particolari movenze assunte durante le celebrazionui sacre raffiguravano quindi anche l’atto sessuale e la procreazione. In altre circostanze, la danza era eseguita coralmente per assistere una partoriente durante il travaglio o dalla stessa interessata per alleviarne i dolori. Ma non solo: le danze rituali si estendevano anche all’ambito agricolo, in modo da ingraziarsi la divinità per ottenere un raccolto abbondante.

La danza quindi poteva essere celebrata all’interno dei templi, come accadeva in Egitto, là dove veniva adorata Iaset (Iside) dea della Luna, della bellezza, magia e mistero, sia in luoghi privati o all’aperto. Come tutti i rituali antichi, infatti, essa era inserita in un contesto mistico, riservato solo a poche donne, ma manteneva anche un aspetto più “profano”, aperto agli eventi sociali della comunità, quali feste, matrimoni e momenti di aggregazione, che prese sempre più rilievo con l'affermarsi del patriarcato.

Con l'avvento dell'Islam, fu permesso alle "almee;(donne istruite nell'arte del ballo, del canto, della poesia e dell'intrattenimento) di danzare solo all'interno degli harem, luogo in cui il ballo veniva eseguito oltre che per compiacere il sultano, anche nell'intimità delle stesse danzatrici, per creare tra loro un particolare legame di coesione. Diversamente dalle "gawazee" le zingare egiziane, che con abiti e trucco molto appariscenti, danzavano per le strade durante i loro spostamenti ostentando tutta la propria prorompente abilità, in cambio di denaro.
Col tempo la danza d'oriente muta la sua peculiare caratteristica mistico-religiosa assumendo la valenza di attività d'intrattenimento, perdendo il suo antico significato esoterico. Quando nell’Ottocento i colonizzatori francesi e inglesi entrarono in contatto con la cultura orientale, restarono incantati e non poco imbarazzati da movenze per loro tanto inusuali, in particolar modo dalla vibrazione del bacino (lo shimmy). In questo modo coniarono il termine “danza del ventre”, nome con cui tutt’oggi questa danza è maggiormente conosciuta in occidente. Appellativo tra l’altro improprio, se si considera che essa prevede una gestualità ed un utilizzo armonico di tutto il corpo, in ogni sua singola parte.

La danza orientale diventa così un fenomeno d'attrazione pubblica: aprono i Cabaret alla occidentale, che si diffonderanno a macchia d'olio, colmi di spettacoli dal sapore orientale, si mescolano gli stili, cambiano i costumi (le paillettes di certo non sono tipicamente arabe...), esplode il fenomeno "Belly-Dance" negli Stati Uniti durante la festa per i 400 anni della scoperta dell'America e si afferma la figura della danzatrice professionista. Grazie all'abilità di alcune danzatrici storiche, tra cui ricordiamo Nagwa Fuad, Samia Gamal e Taheya Carioca, che hanno saputo far riafforare la bellezza genuina della danza orientale, essa ha recuperato l'antico valore in un nuovo contesto moderno, superando le barriere del convenzionale.

Benvenuti e...


...Un caro saluto a tutte le danzatrici, praticanti e in erba, e a coloro che si affacciano su questo blog incuriositi dal fascino orientale. Questo spazio sarà dedicato alla danza orientale secondo la mia esperienza, l'idea è di creare qualcosa che non verta esclusivamente sul ballo in sé in quanto attività, ma di esplorare ciò che riguarda la sfera energetica e vitale del potenziale femminile, intrinseco in quest'arte. Tratterò inoltre della storia, dei benefici apportati dalla danza orientale, passando dai suggerimenti, le idee più varie e spunti di riflessione, fino alle news sul mondo della danza del ventre.
Buona lettura e buone danze a tutti!

Alessandra Manaar